Il termine stalking deriva dall’inglese e letteralmente significa: “colui che cammina con circospezione, in modo furtivo”. Con questo termine si fa riferimento ad un insieme di atteggiamenti tenuti da individui, che perseguitano un’altra persona, generandole stati di ansia e paura, tanto da comprometterne il benessere psicologico e il normale svolgimento delle attività quotidiane.
In Italia lo stalking è una condotta punibile penalmente, ma quali comportamenti sono considerati atti persecutori?
I comportamenti considerati molesti, fanno riferimento a continui e interrotti intrusioni nella vita privata della vittima, alla ricerca di un contatto personale. Concretamente vanno dagli appostamenti e pedinamenti nei pressi del domicilio o luoghi frequentati dalla vittima, a invio di lettere, e-mail, sms, telefonate oscene e indesiderate o oggetti non richiesti.
In alcuni casi questi comportamenti posso degenerare in un crescendo di minacce scritte e verbali, o anche in atti vandalici con il danneggiamento di beni, o talvolta in aggressioni fisiche con il ferimento o addirittura l’uccisione della vittima.
Detto in questo modo sembrerebbe molto semplice andare a denunciare un individuo che ci perseguita poiché toglie la serenità psicologica e la libertà quotidiana, ma spesso e volentieri lo stalker è una persona a noi conosciuta con cui siamo stati o siamo in relazione.
Infatti il persecutore di rado può essere un estraneo con problemi nell’interazione sociale, che pur di stabilire una relazione affettiva impone la propria presenza anche di fronte ad una chiara risposta positiva; ma molto più frequentemente è un conoscente, tipo un collega, un vicino di casa, o ancora di più un ex compagno o ex compagna. Tutto ciò può rendere molto più complicato identificare i comportamenti persecutori e addirittura andare a sporgere denuncia alle forze dell’ordine.
Quando infatti a perseguitarci è la persona che fino a qualche tempo prima amavamo, che consideravamo parte integrante non solo del nostro presente ma anche della nostra progettualità futura, allora muoversi contro di essa tanto da considerarla un criminale, diventa complicato e non scevro da forti sensi di colpa.
Le persone che compiono atti perseguitori nei confronti dei propri ex compagni/e spesso e volentieri non riuscendo a reggere il dolore della rottura, e spinti o dal desiderio di recuperare il rapporto o di vendicarsi del torto subito, iniziano al oltrepassare il limite del rispetto e della libertà altrui.
La fine di una relazione affettiva è comunque un lutto, unaperdita, che riattiva le proprie solitudini; è una ferita del nostro amor proprio, che può farci sentire rifiutati, umiliati o non amabili. Quando la relazione con un’altra persona diventa quasi l’unica occasione per confermare la propria esistenza ed il proprio valore, allora la fine questa relazione può mettere in discussione la persona stessa. La rabbia che si genera dalla solitudine e dal dolore per il rifiuto e l’abbandono, può portarci a non accettare la fine della relazione. Lo stalker, infatti, non riesce ad accettare le rotture poiché sono vissute come una profonda umiliazione eferita all’integrità della sua persona.
Stare insieme ad una persona con tali ferite vuol dire entrare in un ricatto infernale per cui l’altro non deve mai essere criticato, contradetto, lasciato poiché la controreazione a ciò equivale a rabbia e vendetta.
Ecco qui che la vittima di stalking stenta a credere che piano piano, la persona che qualche tempo prima era premurosa e protettiva ora riversa odio e rancore ogni volta che non si soddisfano i suoi bisogni. Quando si sente frustrato comincia a invadere gli spazi, a imporre il suo pensiero, essere psicologicamente e fisicamente coercitivo, tanto da oltrepassare il limite e minacciare costantemente la “sicurezza psicologica” dell’altra persona.
Rompere questo circolo vizioso, sia per la vittima che per il persecutore, può essere difficile senza l’aiuto di un professionista psicoterapeuta, poiché la paura per la propria incolumità psicofisica se si reagisce da un lato, e il timore di non reggere psicologicamente la rottura dall’altro, possono far perdurare delle relazioni “diaboliche” che non di rado possono concludersi in gravi atti.
La libertà coincide con la valorizzazione e l’accettazione dei propri e altrui limiti, l’amore che non contempla i limiti è un amore irrealistico e destinato a ferire.
A cura della Dott.ssa Maria Cristina Bivona