Le relazioni amorose accompagnano la nostra esistenza fin dalla nascita. E’ nella maggior parte dei casi, per un atto d’amore che veniamo concepiti, e dalla nascita in poi tutta la nostra esistenza ruota intorno al bisogno di amare ed essere amati dalle persone per noi più significative.
Se pensiamo a noi da piccoli, non verrà complicato ricordare come il bisogno di essere amato ed essere considerato un “bravo bambino” dai nostri genitori o dalle maestre, era di vitale importanza.
Sempre tornando indietro con il ricordo, quante volte per paura di perdere l’amore e l’accettazionedi quest’ultimi, abbiamo rinunciato a noi stessi agendo più sulla base dei loro desideri e che dei nostri?
Tante volte non è neanche necessario fare un salto troppo indietro con la memoria, infatti anche da adulti nelle relazioni affettive, possiamo rinunciare a noi stessi in nome di un “amore condizionato” .
L’amore è condizionato quando siamo amati a condizione che ci comportiamo in un determinato modo!
Nella stessa maniera anche noi possiamo amare l’altro a condizione che si comporti in un determinato modo, rischiando di non vederlo per quello che realmente è, e quindi creandoci delle aspettative facilmente deludibili.
Da ciò sarebbe errato pensare che il bisogno di essere amati è malsano, ogni individuo è un essere sociale che ha bisogno di sentirsi importante per qualcuno.
Quando però viviamo costantemente il bisogno di essere accettati poiché non ci sentiamo mai visti dall’altro, o quando troppo spesso indossiamo una maschera pur di non provare la solitudine e l’abbandono; allora è possibile che dentro di noi si sia creata una ferita, e che questa ferita sia viva ed aperta ogni volta che costruiamo una relazione affettiva.
Se riflettiamo bene infatti, nella fase dell’innamoramento viviamo una sorta di“delirio” poiché l’altro appare incantevole e privo di difetti e noi stessi siamo totalmente amabili e speciali! Poi con il tempo questa visione delirante lascia il posto ad una più realistica, in cui noi stessi e gli altri perdiamo un po’ del “soprannaturale” e appariamo per quello che siamo davvero.
Se invece continuiamo a costruirci una immagine ideale di come dovremmo essere per piacere agli altri e a pretendere che l’altro sia un clone di noi stessi, allora rischiamo di erigere una gabbia di cristallo facilmente fendibile!
L’ amare può diventare dunque un esperienza in cui esponiamo le nostre ferite all’altro, e queste ferite stanno lì a ricordarci non solo quali corde sono per noi più sensibili, ma anche quello che realmente siamo.
Infatti l’imparare a conoscersi e accettarsi per quello che realmente si è, può rappresentare un occasione per far diventare le nostre ferite delle “feritoie”, ossia delle fessure attraverso cui guardare noi stessi e le relazioni in un modo totalmente nuovo e rivoluzionario.
In poche parole, solo se impariamo a non amarci più sotto condizione, solo se piano piano cominciamo a “buttare giù la maschera” e a mostrare sia le nostre ferite che le nostre risorse, allora anche gli altri potranno imparare ad amarci per quello che realmente siamo!
A cura della dott.ssa Maria Cristina Bivona