E’ da poco trascorsa la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, tanto si legge, tanto accade intorno a questo fenomeno e tante sono le opinioni della società pubblica.
Chi condanna, chi cerca di capire, chi generalizza e chi invece ci tiene a fare distinzioni ritenendo che la violenza non necessariamente è sempre rivolta al “sesso debole”.
Il temine violenza etimologicamente significa “che viola” cioè che oltrepassa il limite della volontà altrui, e si riferisce a quelle azioni esercitate da un soggetto su un altro, in modo da costringerlo ad agire contro la sua volontà.
La violenza è l’aggressività verbale o fisica che offende, umilia, ferisce, in alcuni casi procura un’infermità o addirittura la morte. Spesso la violenza degli uomini nei confronti di donne è fisica, ma non sono rari gli episodi di violenza psicologica o stalking, di donne nei confronti di uomini.
La violenza non deve esistere e non deve mai essere giustificata, poiché nessun “buon motivo” può permettere ad una persona di violare la dignità di un’altra.
Purtroppo questo non sempre accade, la violenza esiste, così come esistono le guerre e quindi bisogna comprendere senza giustificare.
Alla base dei comportamenti violenti esiste sempre un’emozione: la rabbia. Ma la rabbia spesso è la punta di un iceberg, è l’emozione primaria, e spesso sotto di essa ci sono una moltitudine di altri sentimenti tra cui la frustrazione, la paura dell’abbandono, la delusione, l’impotenza…
Oggi purtroppo non siamo abituati a vivere la nostra rabbia, e non riusciamo a cogliere le emozioni sottostanti, la confondiamo con l’aggressività ossia con un comportamento atto a ferire, quando invece la rabbia repressa, non verbalizzata, è pericolosissima e spesso si trasforma in aggressività e violenza.
Oltre a ciò alla base di atti violenti spesso ci sono delle situazioni complesse, delle relazioni malate. Infatti questi atti violenti non si realizzano mai dove c’è indifferenza, ma al contrario legame, intimità, un legame malato, basato sull’aspettativa che l’altro è un “oggetto” da possedere e da utilizzare a proprio piacimento e che non deve avere delle volontà, tra cui soprattutto quella di sottrarsi alla relazione.
La violenza non va mai giustificata, si può cercare di comprendere la rabbia e la ferita di un individuo ma comprendere la rabbia non equivale giustificare la violenza, perché ci sono e ci saranno sempre mille altri modi per comunicare il proprio malessere senza abusare del proprio potere fisico e/o psicologico su un altro. Ognuno può soffrire, stare male, avere un disturbo psicologico che va compreso e a cui va dato un aiuto. Ma non dobbiamo mai giustificare una violenza con il disagio mentale, la violenza è un crimine che va eliminato.
La chiave di tutto è l’amore per sé stessi prima degli altri, un amore che spesso si confonde con l’egoismo ma che invece ha più a che fare con la cura e soprattutto il “darsi rispetto”. Rispettarsi vuol dire proteggersi al primo attacco, pretendere il riconoscimento di un disagio più profondo da parte dell’altro, e se questo non avviene dire BASTA, punto.
A cura della dott.ssa Maria Cristina Bivona