Qual è l’età media delle coppie che decidono di mettere al modo il loro primo figlio?
Le ricerche evidenziano come questo valore si aggiri intorno ai 35-40 anni per la donna e 40-45 per l’uomo, ciò sta a significare che molte coppie cominciano a investire sull’idea di un figlio, in una età dove dal punto di vista fisiologico, è iniziato già da un pezzo il processo di riduzione delle proprie capacità riproduttive.
Infatti nella donna, la capacità riproduttiva è massima a partire dalla pubertà, e subisce un declino graduale con l’età, declino che a 35 anni si fa più brusco e repentino.
Differente è la situazione dell’uomo, il quale è potenzialmente fertile per tutta la vita, anche se la qualità del suo liquido seminale può diminuire con il tempo e a causa di una serie di fattori tra cui lo stress, l’inquinamento ambientale, la vita sedentaria, l’alimentazione, il fumo ecc..
Ma quando una coppia si può definire sterile?
La sterilità è definita come l’incapacità di concepire, dopo almeno 12/24 mesi di rapporti sessuali finalizzati alla procreazione. Questo significa che le coppie, prima di recarsi dagli specialisti per una diagnosi, hanno trascorso molto tempo in bilico tra la paura e la speranza, accumulando sentimenti ambivalenti verso se stessi e il proprio partner.
Infatti alla base delle sterilità posso esserci cause fisiche e/o psicologiche sia nelle donna che nell’uomo, ma aldilà della persona che determina l’impossibilità ad avere una figlio, la sterilità è comunque una condizione di sofferenza che genera una disabilità di coppia, data dalla difficoltà di realizzare un progetto di genitorialità all’interno di un legame profondo e intimo.
La diagnosi di sterilità può rafforzare un legame affettivo, per cui l’infertilità fisica si trasforma in fecondità psichica, oppure può generare una profonda crisi emotiva all’interno della coppia.
Nella coppie che ricevono questa diagnosi, si realizzano una serie di cambiamenti al livello personale che possono determinare un senso di improduttività: “la coppia non ha il suo prodotto che li unisce, con conseguente senso di fallimento e inadeguatezza: “non potendo generare sono una donna o un uomo a metà, incompleto/a”.
Al livello sociale si assiste ad un impasse del ciclo di vita individuale e allargato: “io non diventerò mamma e mia madre non diventerà nonna”.
I cambiamenti possono riguardare anche la vita di coppia e sessuale, posso emergere conflitti sottostanti e instaurarsi difficoltà comunicative e distanze emotive.
In particolare rispetto alla sfera sessuale, i rapporti sessuali possono essere vissuti come vuoti e meccanici, sganciati dal piacere, può essere danneggiata la propria autostima poiché ci si sente poco attraenti e in grado di attrarre; alcune volte possono comparire anche delle vere e proprie disfunzioni sessuali, come calo del desiderio, disfunzione erettile, dolori vaginali ecc.
Le coppie dunque che ricevono tale diagnosi potrebbero vivere un percorso pieno di ostacoli, fatiche, lutti e impotenze. Il loro viaggio verso la genitorialità è di fronte ad un bivio: accettare la propria sterilità oppure percorrere strade alternative come l’adozione o la procreazione medicalmente assistita (PMA).
In entrambi i casi, è necessario che nella coppia vengano legittimate desideri, bisogni, emozioni e ferite reciproche e che per ognuno dei partner inizi un percorso di ristrutturazione della propria persona e della propria coppia a partire dalle scelte future.
In poche parole, la dove è bloccata la possibilità di “prendersi cura” di un altro, è possibile“affidarsi alle cure” di un professionista in grado di promuovere il proprio potere personale verso nuove rinascite e verso una vera propria fertilità psichica.
A cura della dott.ssa Maria Cristina Bivona