La nascita di un figlio è per una donna un momento emotivamente delicato. La maternità è un evento di enorme portata psicoaffettiva nel vissuto di una donna, è sicuramente il più radicale cambiamento di ruolo che possa vivere. Ed è per questo che molte neo mamme spesso possono esprimere la paura di non essere all’altezza del compito, di essere inadeguate, sbagliate ecc.
Dopo la nascita di un bambino può capitare che la donna non si senta così felice come pensava di essere, al contrario può sentirsi triste senza motivo, irritabile, incline al pianto… può in poche parole percepirsi come una “madre sbagliata”.
Queste emozioni posso rientrare in quello che in gergo viene definito “baby blues” o “maternity blues” ossia una sorta di tristezza diffusa che nasce all’incirca il 3° giorno dopo il parto e permane per 10-15 giorni.
Il baby blues è una sorta di risposta adattiva alla nuova situazione ed è attribuibile al cambiamento ormonale e alla stanchezza fisica dovuta all’evento parto (Il termine “blues” ha un significato particolare in campo musicale: nelle origini del jazz è un elemento essenziale che ne rappresenta l’ispirazione triste e malinconica).
In poche parole, dopo la nascita di un figlio è possibile sentirsi vulnerabili e bisognose di protezione, spesso ci vuole del tempo prima che si riesca a sintonizzarsi con i bisogni del neonato e comprendere i vari tipi di pianto; alcune volte si posso percepire sentimenti di vuoto dentro di sé per la scomparsa della pancia; altre volte si provano sentimenti di esaltazione per l’esperienza del parto e quindi per l’aver determinato la nascita di un essere umano; altre volte ancora si provano sentimenti di calore e tenerezza quando il neonato è sereno e appagato.
Questi cambiamenti di umore sono quindi fisiologici in tutte le neo mamme, quando però la tristezza dei primi giorni perdura nei mesi successivi, ed è accompagnata da uno stato di insoddisfazione e disinteresse per ogni cosa, mancanza di energia quasi ogni giorno, sentimenti di colpa eccessivi o inappropriati, difficoltà di concentrazione, preoccupazioni eccessive per il benessere del neonato, allora solo in questo caso, ha senso parlare di depressione post partum.
In questi casi, si può correre il rischio di chiudersi in se stesse e sentirsi delle “cattive madri”, poiché alla base esistono delle idee rigide su come si deve essere “buone madri”. Per esempio una buona madre deve essere anche una buona moglie e lavoratrice, non deve sbagliare mai, non deve mai provare sentimenti di rabbia nei confronti del neonato ecc.
Tutti questi “devo” contribuiscono a far si che le neo mamme invece di percepirsi come “donne che soffrono” si vedano come appunto cattive madri, aggravando ulteriormente i loro vissuti e le reali fatiche del lungo viaggio verso la genitorialità.
Quindi risulta di primaria importanza per ogni neo mamma dare ascolto e legittimità ad ogni emozione, e quindi riceve aiuto e sostegno per superare una condizione di per sé non grave, ma che può risultare molto dolorosa se trascurata.
In conclusione il percepirsi come “madri che soffrono” può essere non tanto un occasione di biasimo o un errore che blocca, ma quanto un’opportunità di crescita o uno sguardo che apre a nuovi apprendimenti su se stessi.
A cura della Dott.ssa M.C. Bivona